Le Acli di Trieste e del FVG esprimono solidarietà ai 450 lavoratori della Wartsila ed alle loro famiglie. Si tratta dell’ennesima ferita nell’economia triestina che provoca inevitabilmente un impoverimento del sistema industriale cittadino. Chiediamo alle istituzioni nazionali e locali di attivarsi prontamente per evitare alla città questa ulteriore frattura, che non è solo economica, e di adoperarsi per salvaguardare i posti di lavoro fuggendo, in questo modo, i rischi sociali già insiti nei tempi di guerra che stiamo vivendo, amplificati da una ingiustificata e scorretta decisione della dirigenza di Wartsila, che sembra non tener conto del destino dei propri lavoratori.
Celebrare la festa del lavoro
di don Riccardo Donà
Ripropongo oggi domenica primo maggio 2002 alcuni passaggi dell’omelia di Papa Francesco di Venerdì 1 maggio 2020 in casa S.Marta.
Partendo da Dio creatore il Papa ci illustra la continuazione della creazione attuata dalla sua più bella creatura “l’uomo”
«E Dio creò» (Gen 1,27). Un Creatore. Creò il mondo, creò l’uomo, e diede una missione all’uomo: gestire, lavorare, portar avanti il creato. E la parola lavoro è quella che usa la Bibbia per descrivere questa attività di Dio: «Portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro» (Gen 2,2). E consegna questa attività all’uomo: “Tu devi fare questo, custodire quello, quell’altro, tu devi lavorare per creare con me – è come se dicesse così – questo mondo, perché vada avanti” (cfr Gen 2,15.19-20). A tal punto che il lavoro non è che la continuazione del lavoro di Dio: il lavoro umano è la vocazione dell’uomo ricevuta da Dio alla fine della creazione dell’universo.
L’uomo e la sua vocazione, essere simile a Dio nella capacità di lavorare per continuare la creazione
E il lavoro è quello che rende l’uomo simile a Dio, perché con il lavoro l’uomo è creatore, è capace di creare, di creare tante cose; anche di creare una famiglia per andare avanti. L’uomo è un creatore e crea con il lavoro. Questa è la vocazione. E dice la Bibbia che «Dio vide quanto aveva fatto ed ecco, era cosa molto buona» (Gen 1,31). Cioè, il lavoro ha dentro di sé una bontà e crea l’armonia delle cose – bellezza, bontà – e coinvolge l’uomo in tutto: nel suo pensiero, nel suo agire, tutto. L’uomo è coinvolto nel lavorare. È la prima vocazione dell’uomo: lavorare. E questo dà dignità all’uomo. La dignità che lo fa assomigliare a Dio. La dignità del lavoro.
Ricordando le varie ingiustizie e schiavitù di ieri e di oggi, il Papa continua e ci esorta al rispetto della dignità dell’uomo
Ogni ingiustizia che si compie su una persona che lavora è calpestare la dignità umana; anche la dignità di quello che fa l’ingiustizia: si abbassa il livello e si finisce in quella tensione di dittatore-schiavo. Invece, la vocazione che ci dà Dio è tanto bella: creare, ricreare, lavorare. Ma questo si può fare quando le condizioni sono giuste e si rispetta la dignità della persona.
…e termina con una preghiera a S.Giuseppe patrono dei lavoratori credenti e non, e ricordo, anche patrono delle ACLI
Oggi ci uniamo a tanti uomini e donne, credenti e non credenti, che commemorano la Giornata del Lavoratore, la Giornata del Lavoro, per coloro che lottano per avere una giustizia nel lavoro, per coloro – bravi imprenditori – che portano avanti il lavoro con giustizia, anche se loro ci perdono.
E chiediamo a San Giuseppe – con questa icona [una statua collocata vicino all’altare] tanto bella, con gli strumenti di lavoro in mano – che ci aiuti a lottare per la dignità del lavoro, perché ci sia il lavoro per tutti e che sia lavoro degno. Non lavoro di schiavo. Questa sia oggi la preghiera.
Un caro augurio a tutti di buon lavoro o “buona creazione”
Don Riccardo Donà
Di fronte alla tragedia umana che stiamo vivendo, il senso di solidarietà e la disponibilità ad aiutare chi soffre ed è vittima di questi eventi vengono prima di ogni cosa. In quanto donne e uomini dentro la Storia è importante anche provare a capire gli eventi e le cause che hanno condotto a quanto sta accadendo.
Il Circolo San Giovanni di Trieste, assieme alle Acli Trieste e Acli FVG propongono un incontro on line per conoscere maggiormente quanto sta accadendo in questi giorni. La professoressa Giulia Caccamo, docente all’Università degli Studi di Trieste, ci aiuterà a capire meglio le dinamiche che hanno portato alla crisi in atto. Appuntamento per venerdì 18 marzo, ore 17.30, su Zoom. Per collegarsi è possibile utilizzare il link qui presente (https://bit.ly/Crisi_Ucraina_Acli) o scrivere a fvg@acli.it trieste@acli.it circoloaclisangio@gmail.com
Pace, pace, pace!
un momento di riflessione e preghiera per tutte le ACLI del FVG
Anche Gesù visse in tempi di violenza. Egli insegnò che il vero campo di battaglia, in cui si affrontano la violenza e la pace, è il cuore umano: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive» (Mc.7,21). Ma il messaggio di Cristo, di fronte a questa realtà, offre la risposta radicalmente positiva: Egli predicò instancabilmente l’amore
incondizionato di Dio che accoglie e perdona e insegnò ai suoi discepoli ad amare i nemici (cfr.Mt.5,44) e a porgere l’altra guancia (cfr.Mt.5,39). Quando impedì a coloro che accusavano l’adultera di lapidarla (cfr.Gv.8,1-11) e quando, la notte prima di morire, disse a Pietro di rimettere la spada nel fodero (cfr.Mt.26,52), Gesù tracciò la via della nonviolenza, che ha percorso fino alla fine, fino alla croce, mediante la quale ha realizzato la pace e distrutto l’inimicizia (cfr.Ef.2,14-16). Perciò, chi accoglie la Buona Notizia di Gesù, sa riconoscere la violenza che porta in sé e si lascia guarire dalla misericordia di Dio, diventando così a sua volta strumento di riconciliazione, secondo l’esortazione di san Francesco d’Assisi: «La pace che annunziate con la bocca, abbiatela ancor più copiosa nei vostri cuori».
Essere veri discepoli di Gesù oggi significa aderire anche alla sua proposta di nonviolenza. Essa – come ha affermato il mio predecessore Benedetto XVI– «è realistica, perché tiene conto che nel mondo c’è troppa violenza, troppa ingiustizia, e dunque non si può superare questa situazione se non contrapponendo un di più di amore, un di più di bontà. Questo “di più” viene da Dio». Ed egli aggiungeva con grande forza: «La nonviolenza per i cristiani non è un mero comportamento tattico, bensì un modo di essere della persona, l’atteggiamento di chi è così convinto dell’amore di Dio e della sua potenza, che non ha paura di affrontare il male con le sole armi dell’amore e della verità. L’amore del nemico costituisce il nucleo della “rivoluzione cristiana”». Giustamente il vangelo dell’amate i vostri nemici
(cfr.Lc.6,27) viene considerato «la magna charta della nonviolenza cristiana»: esso non consiste «nell’arrendersi al male […] ma nel rispondere al male con il bene (cfr.Rm.12,17- 21), spezzando in tal modo la catena dell’ingiustizia».
Dal discorso di Papa Francesco
per la giornata della pace del
1 gennaio 2016
Preghiera di S.Francesco d’Assisi
Signore, fa di me uno strumento della tua pace:
dove è odio, fa ch’io porti amore,
dove è offesa, ch’io porti il perdono,
dove è discordia, ch’io porti la fede,
dove è l’errore, ch’io porti la Verità,
dove è la disperazione, ch’io porti la speranza.
Dove è tristezza, ch’io porti la gioia,
dove sono le tenebre, ch’io porti la luce.
Oh! Maestro, fa che io non cerchi tanto:
Ad essere compreso, quanto a comprendere.
Ad essere amato, quanto ad amare
Poiché è dando, che si riceve;
perdonando che si è perdonati;
morendo che si risuscita a Vita Eterna.
Amen
Accoglienza, diritti e integrazione per il popolo ucraino. Le Acli hanno presentato questa mattina alla Camera dei Deputati un documento di proposte per sostenere e aiutare le famiglie ucraine che stanno fuggendo dalla guerra, mettendo a disposizione la loro rete e l’esperienza maturata negli anni a fianco delle persone più bisognose.
n particolare, le Acli chiedono al Governo italiano che venga riconosciuto un permesso temporaneo di soggiorno a tutti coloro che sono usciti dall’Ucraina anche prima del 24 febbraio; che siano favorite le domande di coesione familiare; che siano prorogati i permessi di soggiorno in essere per i residenti in Italia di 1-2 anni e sia sospesa la scadenza a fine emergenza; che sia garantita la pensione da espatriati, cioè la pensione che spetta a chi abbia regolarmente lavorato in Italia e sia poi espatriato in Ucraina; che siano ridotte le attese e i termini in materia di cittadinanza italiana; che sia firmata la convenzione di sicurezza sociale fra Italia e Ucraina per permettere la totalizzazione dei contributi italiani con quelli del Paese di provenienza, evitando così il rientro forzato in patria per godere del trattamento pensionistico. Per quanto riguarda il supporto ai processi di integrazione, le Acli si fanno promotrici della nascita di una piattaforma nazionale unica nella quale registrare le persone provenienti dall’Ucraina.
emergenza forse non è la parola più corretta per definire la situazione pandemica nella quale ci siamo trovati immersi. Il Terzo settore, così come la politica, le amministrazioni pubbliche e la società nel suo complesso sono state “travolte” da un avvenimento inaudito e assolutamente straordinario per le sue dimensioni qualitative e quantitative. Dentro questo quadro le emergenze, prima fra tutte la salute pubblica, – ma certamente non l’unica: pensiamo solo al lavoro, ai carichi famigliari e di cura, all’economia, le relazioni, l’istruzione – sono state e sono tuttora tante e di difficile risoluzione. Il Terzo settore, negli ultimi decenni, è molto cresciuto in quantità, diffusione e in qualità, evidenziando alcuni elementi di ricchezza importanti e significativi: la capillare diffusione sul territorio, la penetrazione nelle comunità, la capacità di ascolto e di risoluzione delle domande e dei bisogni. Ma, nello stesso tempo, forse perché molto centrato sul servizio, non ha sviluppato una capacità di interlocuzione politica efficace diventando, come meriterebbe, interlocutore permanente della politica e delle amministrazioni pubbliche. Questo non certo solo per sue responsabilità: il variegato mondo del terzo settore sconta ancora pregiudizi e stereotipie sociali e la politica continua a perpetuare una visione del pubblico delimitata dentro i confini delle amministrazioni, dimenticando che tutto concorre alla costruzione del pubblico, in modo particolare il terzo settore proprio per le sue caratteristiche e finalità. Dentro lo scenario straordinario della pandemia queste criticità si sono evidenziate in tutta la loro crudezza: gran parte del terzo settore non è stato interpellato né coinvolto nelle situazioni emergenziali. Il nostro mondo, proprio per le sue peculiarità e ricchezze, avrebbe potuto essere un concreto e significativo aiuto nella risoluzione dei problemi piccoli e grandi che abbiamo tutti vissuto e che tuttora viviamo, garantendo nello stesso tempo la tenuta sociale delle nostre comunità che, ricordo, è l’elemento imprescindibile, fondato sulla fiducia, di ogni costrutto sociale. Tutto questo mi fa pensare che dovremo rivedere le relazioni istituzionali tra politica, amministrazioni e società civile per ricostruirle e rifondarle su basi di riconoscimento più strutturate e coerenti. Nello stesso tempo è sempre più necessario che il Terzo settore sia capace di elaborare, in forma partecipata e condivisa al proprio interno, proposte politiche forti in grado di rovesciare o almeno modificare definitivamente la visione limitata che la politica ha maturato sul nostro mondo. Non può più essere accettabile che l’unico interlocutore sia la Protezione civile (realtà alla quale riconosco l’importanza): le tante realtà sparse sul territorio avrebbero potuto lavorare, nel rispetto dei dispositivi, per offrire sostegno e aiuto, accompagnamento e ascolto garantendo, nello stesso tempo, la sua sopravvivenza ed offrendo spazi di solidarietà e di co/partecipazione al bene pubblico, anche da parte di soggetti deboli che, invece, sono stati dimenticati. Molte organizzazioni hanno cercato in questi mesi, in modi senz’altro creativi ed innovativi, di continuare le proprie attività promovendo informazione, formazione, attività di solidarietà e di sostegno, mantenendo viva e partecipata una rete ed un tessuto sociale fondamentali – penso solo a titolo esemplificativo ai Gruppi di acquisto, alle attività con le persone disabili o fragili. Forse, anche per noi, è arrivato il momento di uscire dalle nostre autoreferenzialità e lavorare affinchè la rete delle organizzazioni di terzo settore impari a costruire permanentemente forme di coprogettazione condivisa per sostenersi e garantire risposte coerenti ed efficaci alle nostre comunità
di Erica Mastrociani
Emiliano Manfredonia è il nuovo Presidente nazionale delle Acli. I delegati del XXVI° Congresso nazionale lo hanno votato a larga maggioranza durante la 2° sessione dell’assise che si è svolta, a porte chiuse e nel rispetto delle norme anti covid, presso il Seraphicum di Roma e a distanza attraverso una piattaforma di voto online. Nato a Pisa nel 1975, Manfredonia è cooperatore sociale e vanta un lungo percorso nelle Acli che l’ha portato ad essere Presidente delle Acli di Pisa dal 2006 al 2012, anno in cui è invitato in Presidenza Nazionale con l’incarico Economia Civile e cooperazione Sociale. Dal 2016 è stato Vicepresidente vicario delle Acli e Presidente del Patronato Acli. “Potere è prima di tutto un verbo: poter servire, poter fare, poter fare bene, cerchiamo di farlo tutti insieme per le nostre Acli e farle diventare Acli in movimento, in cammino, soprattutto verso le periferie esistenziali. – ha detto Manfredonia durante il suo primo saluto -Acli che corrono per ricucire fratture presenti nella società”.